Posai Lily sulla coperta che avevo steso sul pavimento e lei, come ci si poteva aspettare, scoppiò a piangere. Mi morsi forte la lingua, cercando di stare calma. Non ricordavo nemmeno più quando avevo dormito per l'ultima volta. Probabilmente prima che Derek e Lucy partissero per la loro vacanza. Una settimana nel sul della Francia con i genitori di lei, ma non ti preoccupare, torneremo per Natale. E io che ci avevo anche sperato.
L'autunno era trascorso in modo stranamente tranquillo: come se niente fosse, io e Derek avevamo ricominciato a parlarci e a trascorrere del tempo insieme da soli senza imbarazzo o disagio, e non avrei saputo dire nemmeno io come fosse possibile. Sembravano passati secoli da quell'ultimo bacio, dalla notte che avevo passato a piangere in silenzio per paura che mi sentisse, maledicendomi per quello che avevo fatto. Per la mia impulsività, perché non ero stata in grado di pensare due volte a quello che avrei fatto, a cosa avrebbe comportato. Eppure la mattina dopo tutto era stato tranquillo, in modo quasi snervante. La cortesia con cui Derek mi aveva lasciato l'ultimo pancake e i sorrisi di Lucy mentre discutevamo le lime notizie del Profeta. Avevo sussultato appena quando Derek mi aveva posato una mano sulla spalla per chiedermi se volessi ancora caffè, il contatto però, al contrario di ogni aspettativa, non mi aveva dato i brividi o fatto salire un nodo in gola, per quanto non mi capacitassi della famliaritá del calore della sua pelle contro la mia. Inizialmente avevo fatto fatica ad accettarli, quei sorrisi, quelle parole e quei gesti gentili, mi ero alzata il prima possibile ed ero sparita nella mia stanza, dove ero rimasta fino alla sera successiva, rifiutandomi di vedere chiunque con una qualche stupida scusa. Sapevo che Derek aveva capito di cosa si trattasse, ma non aveva detto nulla e aveva fatto finta di bersi le mie bugie. All'inizio mi aveva fatto star male, ma poi in qualche modo mi ci ero abituata, e con il ritorno a Londra tutto era definitivamente tornato come era sempre stato: io e Derek che cercavamo di essere buoni genitori e Lucy che ci osservava da un po' più lontano, in silenzio e con un sorriso sempre uguale sulle labbra. Probabilmente vedendoci durante il giorno chiunque avrebbe potuto pensare che fossimo io e Derek la coppia, ma nella realtà lui condivideva lo stesso letto con Lucy ogni sera, ed era lei che baciava e che teneva tra le braccia. La consapevolezza di ciò mi faceva morire dentro un poco di più ogni giorno, ma in qualche modo diventò sopportabile e riuscii ad ignorarla, sebbene una piccola parte di me continuasse a restare vigile e a far male quando li vedevo assieme. Erano passati dalla fase "luna di miele" ad una più matura, consapevole... Se possibile era ancora peggio: certo non era stato affatto facile vederli baciarsi ad ogni momento buono, sempre appiccicati, sempre in qualche modo in contatto, ma ora la loro relazione sembrava esattamente quello che la nostra non era male riuscita ad essere. Serena, stabile, priva di drammi. Coesistevano pacificamente ed in perfetta armonia, e non riuscivo a ricordare quando durante i pochi anni che io e Derek avevamo passato insieme, ci fossimo sentiti davvero così. Ma era passato troppo tempo, le perfino i momenti perfetti, quelli che ero stata sicura sarebbero sati indimenticabili, cominciavano a svanire, come ogni altri legame con il nostro passato. Ogni tanto stentavo a credere che un tempo fossimo stati davvero assieme e felici, sembrava solamente un sogno lontano e sbiadito, al quale non avremmo avuto mai più accesso.
Ripresi la bambina in braccio e lei quasi come per dispetto si zittì. Continuai a cullarla comunque, distratta, sperando di riuscire a farla addormentare tra le mie braccia, speranza ovviamente vana. Erano le tre del mattino ed era Natale, la neve cadeva a grossi fiocchi fuori dalle finestre e grossi pacchetti colorati giacevano ai piedi del mio letto. Non erano molti, soprattutto rispetto a quelli arrivati per i bambini, ma mi ero sorpresa comunque vedendoli arrivare: un paio da David, un grosso scatolone da Peter, un cesto da un paio di vecchi studenti, un pacchetto piuttosto piccolo avvolto in carta verde smeraldo da parte di Shane, un altro più lungo e piatto che mi aveva dato Lucy prima di partire. E poi c'era la scatoletta di Derek, semplice se non per il grosso fiocco rosso sul coperchio, quella che non sapevo nemmeno se sarei riuscita ad aprire. Distolsi lo sguardo di scatto, con una smorfia, e strinsi Lily un po' più forte. Lei alzò lo sguardo su di me, incuriosita. Aveva gli occhi di Derek, dello stesso azzurro tendente al verde, forse leggermente più opachi, e spesso riconoscevo alcune delle sue espressioni. I capelli invece erano di un rosso sbiadito, tendente per poco al marrone, e ricci come i miei. Diventava più bella ogni giorno e spesso faticavo a credere che fosse vera e che avesse il mio stesso sangue. Chiusi gli occhi un momento e le baciai la fronte, per poi guardarla mentre impassibile prendeva in mano il ciondolo che aveva al collo e se lo metteva in bocca. Glielo presi di mano e per un momento, mentre la mia pelle sfiorava la pietra, sentii la fatica sollevarsi e scomparire. Durò un attimo, e cercai di ignorare la sensazione di non riuscire più a respirare un momento dopo, concentrandomi invece a cercare di far addormentare la mia bambina.
-
Su Lily, ti prego, chiudi gli occhi - implorai.
Lei non diede segno di avermi sentita, continuando a cercare di prendere il ciondolo. Gemetti e la posai sul mio letto, per poi sdraiarmi accanto a lei. Ero talmente stanca che mi veniva da piangere, o forse prendere a calci qualcosa, e Lily aveva trovato uno dei suoi pupazzi sul mio cuscino e rideva tirandogli le orecchie. Mi coprii il viso con entrambe le mani per un secondo, per poi concentrarmi sul soffitto, cercando di recuperare almeno un po' di forze, quel che bastava per aspettare che si addormentasse. Forse un altro caffè... Ma si stava così bene con la testa sui cuscini, forse altri cinque minuti...
-
Lily, mamma chiude gli occhi un attimo, okay? Solo qualche minuto... - mormorai, socchiudendo le palpebre.
Sussultai e scattai a sedere con una smorfia. La nausea mi prese quasi immediatamente e chiusi gli occhi un momento, infastidita dalla luce. Non avevo alcun ricordo del sogno dal quale mi ero appena svegliata, sapevo solo che era stato terrificante. Socchiusi le palpebre, respirando pesantemente, e mi resi conto che la stanza era illuminata ed ero sola. Sentii il sangue defluire dal mio viso.
-
L-Lily? - balbettai, passando una mano sul punto del letto in cui l'avevo vista seduta per l'ultima volta.
Imprecai e mi alzai in piedi, ignorando il giramento di testa, per poi precipitarmi fuori dalla stanza. Feci appena in tempo a mettere piede fuori dalla porta che due braccia sottili si strinsero attorno al mio torso. Sussultai.
-
Buon Natale! - esclamò la voce sottile di Rue contro il mio petto.
Sorrisi, improvvisamente sollevata.
-
Buon Natale - risposi, accarezzandole i capelli.
Sollevai lo sguardo e incontrai gli occhi sorridenti di Liam e Mae, entrambi con le mani piene di caramelle. Risi.
-
Ehi, ti sei svegliata! -
Mi voltai verso destra e mi illuminai all'istante. -
Noel -
Non era cambiato per nulla dall'ultima volta che l'avevo visto, e Lily era tra le sue braccia, gli occhietti vispi e la bocca nascosta dal suo ciuccio preferito.
-
Li ho convinti ad aspettarti per aprire i regali - disse, ridacchiando, e riabbasando lo sguardo incontrai quello ansioso dei bambini. Risi di nuovo, questa volta un po' più convinta.
-
Beh, sono sveglia adesso! Che stiamo aspettando? - esclamai.
Le mie parole furono accolte con un grido di eccitazione unanime e Rue si staccò per correre giù per le scale, seguita a ruota da Mae e Liam mano nella mano. Lily rise allo spettacolo, battendo le manine con entusiasmo, il mio sorriso però fu rimpiazzato fin troppo presto da una smorfia. Entrambe le mani corsero al mio stomaco e un attimo dopo stavo correndo verso il bagno. Mi appoggiai alla tazza del water giusto in tempo per vomitare, sentendo un attimo dopo una presa salda sul mio braccio e una mano scostarmi via i capelli dal viso. Non avevo niente nello stomaco, e il sapore amaro della bile mi fece venire le lacrime agli occhi. Mi lasciai cadere all'indietro sul pavimento e trovai ad accogliermi le braccia di Noel.
-
Ti senti male? - chiese, una punta di preoccupazione ben riconoscibile in un tono che voleva sembrare calmo.
-
N-no. Sto bene adesso - mormorai, asciugandomi gli occhi.
Mi alzai, cercando di nascondere la debolezza nelle ginocchia, e tirai lo sciacquone, per poi bagnarmi il viso e la bocca. Attraverso lo specchio vidi Lily, seduta sulla soglia, guardarmi incuriosita. Deglutii, cercando di darmi un contegno.
-
Non sembra, dalla tua faccia - commentò Noel, apparendo di nuovo alle mie spalle e indicando il mio riflesso nello specchio.
Scossi la testa. -
Dev'essere un qualche virus passeggero, Mae ha avuto l'influenza la settimana scorsa - lo liquidai, forzando un sorriso. -
Ma sto meglio, nulla che una tisana non possa sistemare. Vai pure giù dai bambini, io ho bisogno di cambiarmi - aggiunsi.
Lui mi guardò dubbioso per un attimo, poi prese Lily in braccio e uscì senza dire una parola. Aspettai un bel po' prima di muovermi, quasi avessi paura che potesse tornare indietro e vedere la smorfia di dolore sulle mie labbra. Lentamente sbottonai la camicetta del pigiama, umida di sudore a causa del brutto sogno, e la sfilai, lasciandola cadere a terra. La fissai per qualche altro secondo, prima di riuscire a trovare il coraggio di alzare lo sguardo sul mio riflesso. Fu la prima cosa che vidi, sarebbe stato impossibile fare altrimenti. Sulla mia spalla, dove sarebbe dovuta esserci la cicatrice, c'era un taglio profondo, e con orrore riconobbi la ferita come lo era a soli pochi giorni dopo essermela procurata. Il dolore era lancinante e si intensificava ad ogni minimo movimento del braccio destro. Mi portai una mano sulle labbra e soffocai un singhiozzo. Dire che avevo paura era un eufemismo, ero terrorizzata al punto da non ricordare nemmeno come fare a respirare. Aprii l'anta del mobile accanto allo specchio e dalla scatola di scarpe che conteneva i medicinali presi ogni barattolino contenente medicazioni per la maledizione. Scelsi quelle che mi sembravano più adatte e le mandai giù una per volta con dell'acqua, ignorando il fatto di essere a stomaco vuoto. Scossi velocemente la testa per far cessare le vertigini e presi la bacchetta. Non fu facile riuscire a bendare la ferita con un braccio praticamente paralizzato, ma feci un lavoro sufficientemente buono. Le medicine cominciarono a fare effetto in pochi minuti e riuscii a trovare la forza per lavarmi e infilare un maglioncino a maniche corte e un paio di jeans. Mi truccai appena, sperando di far svanire le ombre pesanti sotto gli occhi e il pallore terrificante del viso, poi mi pettinai velocemente i capelli e scesi in soggiorno.
Il dolore si era ridotto ad un pulsare sordo per l'ora di cena, perciò mi ero lasciata convincere da Noel a portare i bambini in un qualche ristorante a Hogsmeade del quale mi ero già dimenticata il nome. Mi passai le dita tra i capelli, sperando di dargli un po' più di volume, e rendendomi conto che era perfettamente inutile, li raccolsi in una coda alta. Sorrisi al mio riflesso, sistemando la frangia e le ciocche che avevo lasciato libere ad incorniciarmi il volto, poi mi allungai verso il rossetto.
-
Permesso? - chiese Noel, bussando appena la porta socchiusa.
-
Vieni pure - gli sorrisi.
Lui esitò un momento non appena si rese conto che non ero ancora del tutto vestita. Risi.
-
Scusa, ero indecisa su cosa mettere - mi giustificai, indicando i due vestiti appoggiati sul letto.
Lui si voltò a guardarli con un mezzo sorriso.
-
Quello bianco - disse solamente, senza nemmeno pensarci un attimo.
Mi alzai e lo raggiunsi, per poi prendere in mano il vestito che aveva indicato e stringerlo al petto, lanciando un'ultima occhiata al secondo, nero e di seta, lungo fino alle caviglie e per il resto semplicissimo. In effetti era un po' deprimente come vestito.
-
Direi che hai ragione - risi.
Lui però restò serio, e mi ci volle un attimo per realizzare che il suo sguardo era fisso sulla benda attorno alla mia spalla. Allungò una mano per sfiorarla e io feci automaticamente un passo indietro.
-
Cosa...? -
-
E' tutto okay, è solo un taglio - mi affrettai a dire, voltandomi in modo da evitare il suo sguardo.
Non avevo idea di quanto sapesse riguardo alla maledizione. Ora che ci pensavo, non mi ero mai chiesta o curata di quanto la mia situazione fosse pubblica. Non volevo che Noel ne venisse a sapere, però, non volevo che pensasse che potessi essere in qualche modo pericolosa per Rue o per il resto dei miei bambini. Scossi la testa veloce, cercando di liberarmi dei pensieri superflui.
-
Ehi - fece lui piano, appoggiando una mano sulla mia spalla sana e facendomi sussultare, -
ti puoi fidare di me, lo sai. -
Annuii piano e mi voltai per guardarlo negli occhi. Sapevo che fidarsi non era una delle sue caratteristiche, che odiava il fatto di dover dipendere così tanto da me e che l'equilibrio che eravamo riusciti a raggiungere era incredibilmente fragile, e volevo che si rendesse conto del fatto che restavo comunque una sua alleata e sì, mi fidavo di lui.
-
Lo so - dissi piano, coprendo la sua mano con la mia, -
ti racconterò tutto, te lo prometto - sussurrai, -
ma... -
-
Non oggi - finì lui per me, e con sollievo vidi un sorriso aprirsi sulle sue labbra.
-
Non voglio rovinare questo giorno - ammisi, abbassando lo sguardo.
Lui mi attira verso di sé e appoggio la fronte contro il suo petto, senza riuscire a trattenere un piccolo sorriso.
-
Non ti preoccupare, sarò qui quando deciderai che sarà il momento giusto - mormorò, accarezzandomi il braccio.
Qualcosa in quella frase mi chiuse lo stomaco, e improvvisamente l'immagine di Derek fu tutto ciò che riuscivo a vedere. Era assurdo, perché non c'entrava nulla con quello di cui stavamo parlando, eppure il modo in cui mi aveva detto che avrebbe aspettato il momento giusto non aveva fatto altro che ricordarmi come io non avessi fatto lo stesso per Derek anni prima, quando mi aveva detto di voler partire.
[okay, passo al presente perché continuo a sbagliarmi e sono stufa di correggere u.u ndLinda]Mi aggrappo con forza alla stoffa del vestito che ho ancora tra le mani e cerco di regolarizzare il mio respiro e sgombrare la mente, per poi staccarmi quasi di scatto e voltarmi.
-
Meglio che cominci a prepararmi, huh? - dico, cercando di suonare allegra quando in realtà sto lottando per tenere a bada le lacrime.
-
In effetti si sta facendo tardi - ridacchia lui, controllando l'orologio.
Infilo il vestito dal basso, facendolo passare per le gambe e mi guardo allo specchio. E' di velluto e aderente, maniche a tre quarti e nessuna scollatura, solo un rettangolo che lascia scoperta una porzione di schiena piuttosto grande. Mi calza a pennello, risaltando ogni curva e lasciando le gambe scoperte. Il taglio è semplice, ma i riflessi madreperlati catturano lo sguardo e lo liberano difficilmente. Sorrido e scelgo degli orecchini di oro bianco e un paio di bracialetti semplicissimi, per poi infilare i tacchi che ci avevo abbinato prima.
-
Sei da togliere il fiato - commenta Noel alle mie spalle, e sussulto, ricordandomi della sua presenza.
-
Grazie - sorrido, arrossendo.
Mi volto verso di lui e prendo la mano che mi sta porgendo, lasciandomi guidare verso la porta. Dopo un attimo, però, mi fermo, e quando lui mi lancia un'occhiata perplessa lo tiro verso di me e ricostruisco l'abbraccio di poco fa, e questa volta Derek è l'ultimo dei miei pensieri. Lui mi stringe a sé posando entrambe le mani sulla mia schiena e il contatto con la sua pelle fresca mi fa rabbrividire.
-
Grazie - ripeto, chiudendo gli occhi.
So a malapena a cosa mi sto riferendo, e lui non fa domande, mi stringe semplicemente un po' più forte.
Ciò che succede dopo è confuso, non saprò mai dire come mi ritrovo a guardarlo negli occhi quando un momento prima la mia guancia è contro il suo petto. Non saprò mai dire come mai il suo respiro sulle labbra mi faccia arrossire tanto, o forse è il modo in cui la sua mano corre dalla mia schiena lungo il mio braccio fino al mio viso per scostarmi i capelli dagli occhi. Nessuno dei due sorride, entrambi sappiamo già quello che sta per accadere.
Eccetto che non accade.
Il dolore mi colpisce all'improvviso e tutto diventa nero per un secondo. poi arriva la tosse e mi piego in due, e quando mi guardo le mani sono rosse, e solo allora mi rendo conto del sapore metallico nella mia bocca.
Sento a malapena Noel chiamare il mio nome, una nota di terrore nella voce, i miei occhi restano fissi sul sangue, che improvvisamente sembra essere ovunque. Non riesco a vedere la macchia che colora ed impregna il mio vestito, allargandosi a partire dalla spalla, sono a terra prima di rendermene conto, e gli occhi chiari di Noel, chino su di me, sono l'ultima cosa che ricordo.
Edited by /moss - 2/4/2012, 21:45